L’INFUSIONE CONTINUA FUORI DAI REPARTI DI ONCO-EMATOLOGIA: UNA SFIDA POSSIBILE

di Gianluca Perego  – IRCCS S.Raffaele di Milano

 

Un’esposizione continua a farmaci chemioterapici da parte delle cellule tumorali gioca un ruolo amplificato nel veicolare un effetto citotossico. Farmaci infusi mediante un’infusione continua, infatti, mantengono livelli plasmatici costanti nel tempo, garantendo un’azione citotossica su una popolazione cellulare sempre maggiore. Man a mano che i diversi cloni neoplastici progrediscono attraverso le diverse fasi del ciclo cellulare, un numero sempre maggiore viene esposto all’effetto antitumorale desiderato.

Una somministrazione di questo tipo consente di evitare i picchi plasmatici, che possono essere associati ad effetti avversi direttamente, specie per determinate classi di farmaci. L’infusione continua, rispetto alla somministrazione in bolo, consente, ad esempio, di ridurre la cardiotossicità della doxorubicina e l’effetto mielosopressivo del fluorouracile 1,2.

Tuttavia, l’applicabilità di regimi che prevedono un’infusione della durata di ore o giorni è spesso limitata dalla mancanza di evidenze relative alla stabilità chimica e fisica di farmaci (o miscele di farmaci), per i quali devono essere garantiti qualità, sicurezza ed efficacia per tutto il tempo di utilizzo.

Questo aspetto riveste ancora più importanza se si considera la possibilità di somministrare gli stessi farmaci al di fuori dei reparti di onco-ematologia, se non addirittura al domicilio del paziente.

Il concetto di qualità, sicurezza ed efficacia si arricchisce oggi di nuovi aspetti da tenere in considerazione, tra i quali la scelta del corretto sistema di infusione, la garanzia di un’assistenza continua al paziente di qualità, così come un’adeguata formazione al paziente stesso e/o ai suoi caregivers.  

Il farmacista in oncologia riveste un ruolo da protagonista in questo contesto: è infatti il professionista sanitario che è in grado di interpretare i dati presenti in letteratura applicandoli alla realtà in cui si trova ad operare.

A tal proposito, può essere interessante sviscerare una sfida farmacologica che ha sempre interessato il farmacista preparatore.

Lo schema Ifosfamide + mesna utilizzato nel trattamento dei sarcomi dei tessuti molli metastatici è contraddistinto da una scarsa disponibilità di dati, i quali risultano vetusti e molto lontani dalle esigenze della pratica clinica attuale. Nel caso specifico in esame, l’allestimento avviene spesso in pompa elastomerica, tuttavia gli unici dati di stabilità disponibili a tal proposito riguardano l’utilizzo di un diluente poco considerato oggigiorno, il ringer lattato3.

Al contrario, i dati relativi alla stabilità di questa miscela in sacca di sodio cloruro 0.9% sono stati pubblicati da Priston e colleghi4, i quali hanno osservato una stabilità > 98% per 7 giorni a 37 °C, giustificando quindi l’allestimento in pompa CADD con somministrazione anche al domicilio del paziente.

Anche la scelta del dispositivo d’infusione e quindi la loro conoscenza specifica rende il farmacista capace di valutarne i rischi e i benefici: le pompe elastomeriche sono di uso comune e a basso costo, ma il flusso veicolato (ml/h) risente di diverse variabili quali la temperatura e la viscosità della soluzione infusa. Le pompe CADD, d’altro canto, garantiscono un flusso molto più riproducibile e meno soggetto a variazioni, nonostante un costo maggiore e la suscettibilità a malfunzionamenti che necessitano di un pronto intervento. In entrambi i casi l’educazione preliminare al paziente o caregiver rappresenta un aspetto di primaria importanza.

Inoltre, Peng e colleghi, in uno studio relativo alla stabilità della miscela EPOCH in sodio cloruro 0.9%, hanno osservato come il rischio di contaminazione microbiologica cresca con il prolungarsi dei tempi d’infusione5, evidenziando quindi la necessità della preparazione in asepsi, secondo un processo validato in grado di garantire la sterilità per tutto il periodo d’infusione. Solo la centralizzazione nell’allestimento delle terapie, sotto l’attenta supervisione del farmacista, in un ambiente controllato e validato è in grado di garantire determinate caratteristiche al preparato.

Tutte queste riflessioni sono state discusse e approfondite in un articolo pubblicato recentemente sul Journal Of Oncology Pharmacy Practice8, con l’obiettivo di fornire un’analisi di tutti gli aspetti critici relativi all’infusione continua dei farmaci in oncologia.

L’applicabilità di un regime d’infusione attraverso diverse ore o giorni potrebbe rappresentare un’importante opzione terapeutica a disposizione dei pazienti, tuttavia la scelta sulla sua fattibilità dovrebbe tenere conto di diversi aspetti relativi al paziente e alla sua fragilità.

Il farmacista in oncologia può e deve entrare nel merito di queste valutazioni, facendo parte di un team multidisciplinare composto da tutte le figure professionali implicate nel processo di prescrizione, allestimento, monitoraggio e assistenza al paziente, così da garantire la più alta qualità delle cure.

 

Bibliografia:

  1. Legha SS, Benjamin RS, Mackay B, et al. Reduction of doxorubicin cardiotoxicity by prolonged continuous intravenous infusion. Ann Intern Med 1982; 96: 133–139
  2. Seifert P, Baker LH, Reed ML, et al. Comparison of continuously infused 5-fluorouracil with bolus injection in treatment of patients with colorectal adenocarcinoma. Cancer 1975; 36: 123–128
  3. Salman D, Swinden J, Barton S, et al. Evaluation of the stability profile of anticancer drugs: a review of ifosfamide and mesna regimen for the treatment of metastatic soft tissue sarcoma. J Oncol Pharm Pract 2016; 22: 86–91
  4. Priston M, Sewell G. Stability of three cytotoxic drug infusions in the Graseby 9000 ambulatory infusion pump. J Oncol Pharm Pract 1998; 4: 143–149
  5. Yuan P, Grimes GJ, Shankman SE, et al. Compatibility and stability of vincriste sulfate, doxorubicin hydrochloride, and etoposide phosphate in 0.9% sodium chloride injection. Am J Health Syst Pharm 2001; 58: 594–598
  6. Austin PD and Elia M. A systematic review and metaanalysis of the risk of microbial contamination of aseptically prepared doses in different environments. J Pharm Pharm Sci 2009; 12: 233–242
  7. Austin PD, Hand KS and Elia M. Systematic review and meta-analysis of the risk of microbial contamination of parenteral doses prepared under aseptic techniques in clinical and pharmaceutical environments: an update. J Hosp Infect 2015; 91: 306–318
  8. Perego G, Gregis F, Rossi L, et al. Continuous-infusion and outpatient setting: A chance for patients, a challenge for hospital pharmacists [published online ahead of print, 2020 Jun 28]. J Oncol Pharm Pract. 2020; 0: 1-6