Cure Palliative e intervento del farmacista

 

A cura di Angelo C. Palozzo(1) e Cosimo De Chirico(2)

  • (1) Presidente SIFaCT
  • (2) Direttore UOC Cure Palliative ULSS 4 – Donà di Piave (VE)

 

Premessa

A livello mondiale sono due i fenomeni a cui si è assistito negli ultimi 20 anni: l’aumento dell’aspettativa di vita della popolazione e l’aumento della prevalenza delle malattie croniche. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel Report “World Health Statistics 2019” (1), tra il 2000 e il 2016 l’aspettativa di vita a livello mondiale è aumentata di 5,5 anni. La diretta conseguenza di tali fenomeni è quella di una popolazione più longeva, ma al tempo stesso più malata e bisognosa di cure. L’Italia è tra i paesi al mondo più interessati da questi fenomeni. Nel report, all’ultimo aggiornamento del 2016, la colloca infatti tra i paesi al mondo con la più alta aspettativa di vita (82,7 anni). Nelle fasi terminali di molte patologie croniche è necessario un intervento terapeutico palliativo, che riduca il dolore e i sintomi della malattia, permettendo ai pazienti e ai loro familiari di mantenere una accettabile qualità di vita. Si stima che per circa l’1,5% della popolazione sia appropriato l’accesso alle cure palliative (2).

In europa, la maggior parte dei malati (60%) che necessita di cure palliative non riguarda pazienti con tumore. Si stima che il 35-45% necessita di cure palliative specialistiche e il 55-65% di cure palliative di base.

In Italia, nel 2010 è stata emanata la Legge 15 marzo 2010, n. 38 concernente “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore” (Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010) (3).

La Legge 38/2010, definisce le cure palliative come “l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”.

All’Articolo 5, Comma 2, rimanda all’accordo stato regioni (in seguito pubblicate il 10 luglio 2014) (4), di individuare a livello delle aziende sanitarie di ogni regione le Strutture Organizzative, tra quelle accreditate, specificamente dedicate e formate da figure professionali con specifica competenza ed esperienza, al fine di coordinare una Rete Locale di Cure Palliative (RLCP).  Sono altresì indicate le figure professionali competenti nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore. Con il medico di medicina generale, inteso come figura di riferimento delle cure primarie, collaborano gli specialisti in anestesia, terapia intensiva e rianimazione, oncologia, ematologia, geriatria, medicina interna, malattie infettive, neurologia, radioterapia ed altre importanti figure assistenziali per le Cure Palliative, come l’infermiere, il fisioterapista, il dietista, l’assistente sociale, l’operatore socio-sanitario e lo psicologo. Sebbene non citate espressamente dalla normativa vigente, altri sanitari intervengono in questi contesti e sicuramente il farmacista è fortemente coinvolto.

In relazione alla normativa ed in estrema sintesi, le cure palliative sono adottate in tre contesti principali: a)- il territorio (comunità territoriali), b)- gli hospice o strutture specificamente designate e c)- gli ospedali per acuti. Le comunità territoriali vanno riferite al domicilio del paziente (in assistenza integrativa o specialistica) o in comunità di aggregazione (es.: RSA, Residenze Sanitarie Assistite). Un caso particolare è quello rivolto all’età pediatrica, dove un ruolo importante è svolto dagli hospice specializzati. Una applicazione organizzativa concreta di quanto previsto dalla normativa è il modello Veneto (5), anche se molte altre regioni hanno risposto a quanto richiesto dall’accordo stato -regioni (6).

L’identificazione dei pazienti candidati alle cure palliative è eseguita con strumenti specifici. La NECPAL (NECesidades PALiativas) CCOMS – ICO TOOL V.3.1 2017 (7) è uno fra quelli più usati. Si utilizza quando, in risposta al quesito: Si sorprenderebbe se questo paziente morisse entro un anno ?  la risposta è negativa. Con modalità e complessità variabili il NECPAL trova dunque impiego in pazienti con malattie croniche avanzate, che presentano le seguenti diagnosi e/o condizioni come patologie principali:

  • Paziente con cancro;
  • Paziente con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO);
  • Paziente con malattia cardiaca cronica come patologia principale;
  • Paziente con patologia neurologica cronica (compresi accidenti cerebrovascolari maggiori, sclerosi multipla, Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica);
  • Paziente con grave malattia epatica cronica;
  • Paziente con grave insufficienza renale cronica;
  • Paziente con demenza;
  • Paziente geriatrico che, anche se non affetto da una delle malattie precedenti, è in situazione di fragilità particolarmente marcata;
  • Paziente che, pur non essendo né geriatrico e né affetto da una delle malattie precedenti, soffre di qualsiasi altra malattia cronica particolarmente grave e avanzata;
  • Paziente che, pur non essendo incluso in nessuno dei gruppi precedenti, è stato recentemente ricoverato o curato al domicilio con un grado di intensità di cura superiore al previsto.

Nel caso di interventi specialistici complessi, in genere adottati nelle fasi più avanzate di malattia, ciascuna figura professionale si avvale di altri strumenti di valutazione. Le cure simultanee sono intese come un’integrazione precoce tra le terapie farmacologiche attive e le cure palliative per mantenere alta la qualità di vita dei pazienti e che ha anche dimostrato, nei pazienti oncologici, di migliorare gli esiti della malattia.

Nel sito del ministero della salute (8) sono riportati estesamente gli elementi riportati in premessa e i documenti sullo stato di attuazione della legge legge 38/2010 ad 8 anni dall’adozione in Italia (9).  Da quest’ultimo rapporto si rileva che l’applicazione di tale legge in diverse regioni è disomogenea e, nonostante i recepimenti normativi, sconta un sensibile ritardo nell’adozione di quanto previsto.

Nell’allegato GLOSSARIO sono richiamate le caratteristiche di ciascun intervento in ambito di cure palliative.

 

Le cure palliative per il paziente oncologico

Le cure palliative in oncologia vanno distinte da tutti quegli interventi di supporto intesi come parte integrante delle cure oncologiche, quali il controllo delle reazioni avverse al trattamento e la prevenzione e il controllo dei sintomi fisici. Per questo motivo, nei piani di cura antitumorali, il cui obiettivo primario è la guarigione o l’aumento di sopravvivenza, sono spesso presenti le terapie di supporto.

Nelle fasi più avanzate di malattia, sebbene le terapie di supporto possono diventare un valido ausilio per i trattamenti antitumorali a scopo palliativo (chirurgico, radioterapico, o con trattamenti sistemici), diventa sempre più importante rilevare i bisogni del paziente. In queste fasi il tumore non può più essere arrestato ma al paziente va garantita una accettabile qualità della vita e la continuità terapeutico-assistenziale in tutto il percorso della malattia oncologica. Infatti, grazie ai progressi della ricerca, molte patologie neoplastiche possono essere cronicizzate, se non possono essere guarite. Per questo motivo si affrontano progetti di assistenza individuale definite come cure palliative precoci e simultanee, che offrono attenzione ai bisogni fisici, funzionali, psicologici, spirituali e sociali del malato e della sua famiglia. Quando si è tuttavia nelle fasi terminali, è necessario procedere con una rimodulazione dei trattamenti e degli interventi assistenziali in atto in rapporto ai nuovi obiettivi di cura. Il fine vita è infatti caratterizzata da segni e sintomi specifici, il cui pronto riconoscimento permette di garantire ai malati una buona qualità del morire e ai familiari che li assistono una buona qualità di vita, prima e dopo il decesso del loro caro.

Questi aspetti sono affrontati nel Documento del Tavolo di Lavoro AIOM – SICP sulle cure Palliative e simultanee (10). Nelle raccomandazioni finali si mette in evidenza come i processi decisionali debbano essere dinamici e progressivi, con interventi condivisi con il paziente e con i familiari, in un contesto di equipe multidisciplinare e multi-professionale, guidati da un regista, il referente del percorso di cura (case manager).

 

L’intervento del farmacista

Un problema che è spesso riscontrato in contesti di assistenza in continuità ospedale-territorio è la difficoltà per i pazienti / caregivers di gestire i farmaci prescritti. Le raccomandazioni del Ministero della salute sulla sicurezza d’uso dei farmaci (11) indicano spesso la figura del farmacista come essenziale per ridurre i rischi di scambio, scorretta manipolazione, interazioni farmacologiche e farmaceutiche e, in generale di appropriatezza d’uso. Il farmacista è tuttavia raramente incluso come membro dei team di cure palliative.

In letteratura sono riportati diversi articoli sui vantaggi di prevedere un farmacista in questo contesto, sia per i trattamenti dei pazienti adulti che pediatrici, ma non c’è nulla di pubblicato come esperienze Italiane (12, 13, 14, 15 ).  .

Le esperienze raccolte all’estero sono relative ad un’ampia fascia di interventi, da quelli delle farmacie di comunità a quelle ospedaliere. Per queste ultime spesso si fa riferimento ad attività di farmacia clinica non sempre confrontabili con la realtà del nostro paese. Per colmare questo gap informativo, la Società Italiana di Farmacia Clinica e Terapia (SIFaCT) ha promosso, in collaborazione con l’IRST oncologico di Meldola, una survey per conoscere il grado di coinvolgimento dei colleghi operanti nel SSN nelle cure palliative (16).

I campi di intervento rilevati dalla letteratura sono di ordine generale e specifico. La Medication Review, come valutazione strutturata delle prescrizioni di un paziente al fine di ottimizzare l’uso dei farmaci e migliorare gli esiti di salute, è un obiettivo generale che in Italia è più spesso richiamata come appropriatezza prescrittiva. Un altro importante funzione è quella educazionale e formativa verso i pazienti, rivolta sia ad una corretta assunzione dei medicinali prescritti (es.: aderenza alla terapia e ottimizzazione della posologia, interazioni fra farmaci e cibo o altri trattamenti complementari, somministrazione attraverso SNG o PEG), sia alla gestione di dispositivi di somministrazione dei farmaci (es.: nebulizzatori, concentratori di ossigeno o dewar per ossigeno liquido, elastomeri o pompe infusionali, uso di particolari dispositivi iniettabili) ed anche la capacità di riconoscere e discriminare sintomi e reazioni avverse causati dal trattamento (es.: nausea, vomito, costipazione, dermatiti). Non sono da sottovalutare anche la soluzione di problemi burocratici o logistici (es.: prescrivibilità e sostituibilità di medicinali, uso di farmaci off-label, reperimento di medicinali o dispositivi medici, gestione a domicilio dei farmaci, raccordo con altre figure professionali). In campo multiprofessionale, l’ausilio del farmacista ai clinici e agli infermieri, oltre a migliorare/integrare la trasmissione delle informazioni rivolte al paziente, sarà utile in consulenza farmacocinetica e farmacologica (es.: ricognizione/ riconciliazione terapeutica, posologia personalizzata in base alle riserve d’organo, sostituzione di medicinali nell’ambito delle stesse classi farmacologiche, passaggio dalle terapie iniettabili a quelle orali, antibioticoterapia, alterazioni dello stato nutrizionale). Una particolare attenzione va rivolta alla stabilità di medicinali sia per ragioni logistiche (es.: mantenimento della catena del freddo per farmaci da conservare a temperatura controllata, verifiche microbiologiche), sia con i vari solventi di diluizione, oppure quando associati con altre sostanze (es.: in pompe infusionali od elastomeri). Per le terapie parenterali spesso sono miscelati farmaci fra loro incompatibili o con differente cinetica. Queste condizioni, associate ad altre alterazioni della forma farmaceutica (es.: rottura e/o triturazione di compresse), possono causare eventi indesiderati o annullare l’effetto del principio attivo.  Nella terapia antalgica è particolarmente importante avere l’apporto del farmacista per garantire che una corretta prescrizione medica non sia vanificata da una cattiva gestione dei medicinali.

 

Bibliografia e sitografia di riferimento

 

GLOSSARIO

APPROCCIO PALLIATIVO

L’approccio palliativo è una metodologia di approccio che il medico mette in atto, una volta identificato precocemente il paziente con malattia cronica evolutiva che limita la sopravvivenza. E’ parte integrante dell’attività dei Medici di Medicina Generale.

Le finalità sono:

  • Valutazione accurata e trattamento adeguato dei sintomi associati alla malattia
  • Costruzione di una partnership di cura insieme al malato e alla famiglia
  • Rispetto delle preferenze del malato sul luogo di cura e le terapie con l’approssimarsi della fine della vita
  • Pianificazione anticipata delle cure

 

TERAPIE DI SUPPORTO

La terapia di supporto è parte integrante delle cure oncologiche e comprende tutti i trattamenti che hanno come obiettivo quello di prevenire e gestire gli effetti collaterali legati alle terapie oncologiche, allo scopo di ottimizzare la prevenzione e il controllo dei sintomi fisici, funzionali, psichici e della sofferenza sociale e spirituale della persona e del sostegno alla famiglia, laddove l’outcome sia principalmente la sopravvivenza.

 

SIMULTANEOUS PALLIATIVE CARE

Le cure simultanee nel malato oncologico rappresentano un modello organizzativo mirato a garantire la presa in carico globale attraverso un’assistenza continua, integrata e progressiva fra terapie oncologiche e Cure Palliative quando l’outcome non sia principalmente la sopravvivenza del malato.

ESMO, AIOM/SICP e DGR Veneto n. 553/2018 stabiliscono l’attivazione del programma di cure simultanee in presenza di sintomi complessi non più gestibili solo con le terapie di supporto (dolore grave, sintomi difficili, necessità di nutrizione artificiale, distress psicologico, bisogni sociali)

Le finalità sono:

  • Ottimizzare la qualità della vita in ogni fase della malattia, attraverso una meticolosa attenzione agli innumerevoli bisogni, fisici, funzionali, psicologici, spirituali e sociali del malato e della sua famiglia.
  • Garantire la continuità di cura attraverso una gestione flessibile del malato e dei suoi bisogni, con appropriati obiettivi in ogni singola situazione attraverso la valutazione, pianificazione, coordinamento, monitoraggio, selezione delle opzioni e dei servizi.
  • Evitare il senso di abbandono nella fase avanzata e terminale.

L’integrazione tra le terapie specifiche per la malattia e le cure palliative è auspicabile anche per altre patologie croniche evolutive.

 

CURE DI FINE VITA

Le cure di fine vita sono parte integrante delle Cure Palliative e si riferiscono alle cure dell’ultima fase della vita, caratterizzata da segni e sintomi specifici, il cui pronto riconoscimento permette di impostare quei cambiamenti che sono necessari per riuscire a garantire ai malati una buona qualità del morire e ai familiari che li assistono una buona qualità di vita, prima e dopo il decesso del loro caro. Le cure di fine vita non sono una semplice continuazione di quanto è stato fatto fino a quel momento ma si caratterizzano per una rimodulazione dei trattamenti e degli interventi assistenziali in atto in rapporto ai nuovi obiettivi di cura. Occorre dedicare massima attenzione affinchè le cure siano proporzionate ai bisogni ed evitare qualsiasi forma di accanimento terapeutico.